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SERIE:  Ci sarà futuro in noi?

I quadri dell'artista Gilberto Bucci seguono un percorso eclettico e variopinto con una tematica che rispecchia il suo stato d'animo, sia nel suo cammino verso l'esperienza di vita, sia attraverso la sua propria vocazione creativa. Il pittore, stilisticamente, esprime un linguaggio attraverso la sua propria vocazione creativa. Il pittore, stilisticamente, esprime un linguaggio attraverso la materia che diventa colore, attraverso il disegno che diventa il sintetismo uniformato della maniera.

La sua tecnica diventa lo strumento d'espressione variegato e ambigua: acrilico, tempera, poliuretano, sintetico, adoperati con pennello, collage e spatola. Rileva realtà con doppia sembianza, dove il punto di vista e individuale secondo le circostanze, secondo la propria realtà. Una realtà dove luce è luna, dove la luna sprofonda le sagome nell'ignoto; una realtà fatta dagli esseri che ingannevolmente  vede il solo come un raggio. Troppo reale per dare vita alla vita, per riconoscere l'esistenza nelle sue varie sfaccettature.

 

Il ciclo pittorico "Ci sarà futuro in noi?" emerge da una riflessione immateriale dell'artista dando corpo, per magia, all'essenza scortata al suo pensiero. E' un linguaggio umano, flessibile e attento alla realtà sociale incompatibile con la materia che è imbevuta nel quadro per la sua natura primaria. Un abbinamento di causa-effetto, la scienza non discute, la materia definisce per esattezza il suo procedimento di alterazione, di metamorfosi. Una materia burriana, succuba al ritorno della sua sostanza concettuale. Assonanze materiche del sintetismo di "Scie di bava di lumaca", colore sul colore, macchie scure incerte, vista prospettica dall'alto. Figure inquietanti e irrequiete, l'esistenza del vuoto che cambia/cerca caoticamente il percorso. Sono le "tracce degli umili sono deboli segni (...)". L'artista tocca sensibilmente un'attualità della società dove permane e troneggia l'ipocrisia, il consumismo, l'edonismo, il rassicurante, semplificato, dolce! L'amaro"e poi ritorno alla sofferenza sulla sofferenza nel quadro "Non eravamo nemmeno cosi"."Né mare, né scogli. Non montagna non collina, né campi, né fiori. Eravamo difetti e dispetti, piccinerie e tarle."  Morto e non conclusivo, perdita eterna che ravviva l'esistenza umana nella superflua cadenza ritmica dell'IO. E una natura morta e prevalente, una potenza generatrice intelligibile che ostenta la sua ostile ferita "Sangue rappreso e rabbia mal repressa, sfruttamento e alienazione, sudore salato e lacrime amare, sudditanza e imposizione. Espropriazione del futuro!(...)" I termini di Bucci nel "Quando la società strappa l'anima" non reclama un fattore negativo, bensì un non casuale stato emotivo ed affettivo di una realtà prigioniera al declino.

Nel secondo ciclo dell'artista "Gabbie abitative" predominano le forme rettilinee che atteggiano il blocco delle case sovrapposte, un linearismo irrazionale, stolte, insicure e precarie. Strappi di colore, sostanze indefinite, macabre e lascive. Sono gli anni del dopo guerra, gli anni cinquanta e sessanta, dove l'estetica città-dina è infangata dalla necessità tipo ex- straordinario. L'emergenza delle case proletarie, dell'inurbamento industriale, della carenza pudore d'invasione costruttiva nel cuore della storia, rievoca nei quadri di Bucci  la forte sensibilità del reflex scongiunto e sgombro. Il quadro "Tra vecchio e nuovo" effigia l'antiqua signum culumna preminente sull'edificio moderno. Un esempio palese del binomio individualità/avanguardia. Ecco cosa dice la storia e ricordata dall' artista nel quadro Spazi irregolari di sogni: "Ti lasceranno sognare  finche sarai funzionale ai loro disegni." E poi: " la storia si ripete: il più mangia il meno, nulla conta. Un piano in più, un piano in meno, spazi delimitati, destini prefissati, i poveri non fanno la storia confinati nella cronaca!" Qui l'artista tocca l'argomento del valore essenziale di un mondo, dove la scia primordiale è l'uomo, la storia è per coloro che contano non per i vinti e vincitori , per coloro che sovrastano e dirigono l'assenza del riconoscimento di quel solco fatto dal popolo, pervade l'equivoco del nulla. Un reality sfoggiante nei quadri "Condominio popolare", "Blocco abitativo n°..." fino all'illusione strategica delle propri gabbie, "Blocco impiegati standard".  Chi è libero?

Il ciclo "La lotta Sociale" ha un fattore più umano, sociale come l'omonimo ciclo ci ricorda. I quadri rispecchiano uno stato psicologico dell'artista, la sua esperienza culturale ed esistenziale fa che lui diventi il mediatore di un aspetto collettivo ingombrante. L'individuo. L'artista non vuole insegnare all'uomo bensì aiutarlo a scoprire ciò che dentro di sé, un concetto galileiano. Le opere " Le spie e Soli insieme" svelano il principio della persona, l'idealità, il rispetto e l'amore. Bucci scrive "Individualità distintive, interesse collettivo, idealità, rispetto, amore" è un concetto dell' identità, del riconoscimento delle proprie origini, l'uguaglianza del cittadino, le origini consentono la dignità e l'amore. Chi è capace di amare ? Cesare Pavese disse: "Un amore, qualunque amore, ci rivela la nostra nudità, miseria, infermità, nulla." Nella maternità o il riscatto" il pittore non teme di alludere alla "forza dell'amore", il colore arancio presente sulla tela evoca il colore dell'incontro, dello scatto e dell'imput  fino al riscatto, perpetuo e sempre più maturo. Il giallo e l'azzurro assorbito è la speranza conservata gelosamente e sublimemente nel tessuto. La sconfinata occlusione dei colori presenti è qua e là. "Non fidiamoci"  è un'opera che allude all'ostruzione letterale e generale dell'uomo. Il guscio della lumaca, il serpente fa da cornice all'interno della scena, sebbene i colori sono impavidi e predominanti, marrone, giallo e blu scuro, hanno un linguaggio semantico sul bianco: freddezza e purezza ingannevole che favorisce la proprio perdita. Ed ecco ancora, le "Pillole indorate",frantumi di alberi sinuosi e consumati che fingono gloria, chiamano il dolore. Un flashback degli eroi senza identità, una bellezza memoria permanente. Per conquistare la vittoria come la "Folla in fiore"  è opportuno identificare la bellezza, "la bellezza delle cose che esiste nella mente di chi le osserva" (Hume). L'Ombre di libertà echeggia il suono dell'acrilico steso con la pennellata. Il suono della mente dell'artista che grida nel suo silenzio, nulla di certo, più saggezza, niente annientamento culturale che avveleni per primo i propri nemici, novellanti ed ipotetiche Draghi velenosi.

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